È online SOCREM News 1 – 2021

Editoriale

di Giovanni Pollini

 

I numeri della pandemia continuano a far paura. È come se il virus ci abbia costretto a un confronto con la morte in termini radicalmente diversi da quelli ai quali eravamo abituati.

Anzitutto per le sue dimensioni quantitative: gli oltre 80 mila morti in un anno superano il numero delle vittime dei bombardamenti (65.000) dal 1940 al 1945. Sulla scia di queste cifre sono riaffiorate anche molte sensazioni che in guerra agitarono le strutture profonde della nostra esistenza collettiva. Ad esempio, sempre alle grandi catastrofi (quelle naturali, come i terremoti, o quelle volute dall’uomo, come le guerre) è associato il fenomeno delle “voci”, brandelli di notizie che circolano con il passaparola, spesso totalmente false ma che nascono da una sorta di black out emotivo legato a un insoddisfatto bisogno di conoscenza. Nell’incertezza, nella confusione, con le comunicazioni ufficiali contraddittorie e prive di autorevolezza, si diffondono altri canali di comunicazione, informali, le “voci” appunto: si esprimono desideri (“Hitler è morto”), aspettative (“ci sarà una distribuzione di pane bianco”), speranze (“stanno trattando la pace”). Fu così allora durante la guerra, è cosi anche oggi con la pandemia.

Una di queste “voci” riguarda proprio il mondo della cremazione, in particolare quella sull’obbligo di cremare i defunti malati di Covid. Ovviamente non è così; la cremazione è una libera scelta e come tale va ricompresa nei diritti di libertà in cui si concretizza la sovranità e l’autonomia dei singoli individui. Pure, il fatto che quella “voce” sia circolata è indicativo di come la confusione sia diffusa e quanto profondo sia lo smarrimento per eventi a cui siamo arrivati impreparati culturalmente, politicamente e psicologicamente.

In questo senso, ci sono anche altri aspetti della morte che la pandemia ha messo in luce. La solitudine, ad esempio. Rispetto alla sua “coralità” nel passato, la morte in età contemporanea sembrava fisiologicamente destinata ad essere rimossa dallo spazio pubblico, confinata nell’ambito domestico e, anche lì, a proporsi come “solitaria e finale”. Non è così: quando la pandemia ha reso obbligatoria la solitudine, se ne è avvertita tutta la patologia: l’impossibilità di un ultimo sguardo tra chi se ne va e chi resta si è dimostrata un’esperienza drammatica che, nel lutto, aggiunge dolore a dolore.

Più in generale è come se il Covid-19 abbia reso precaria tutta la nostra esistenza e abbia ridisegnato le nostre mappe individuali. Come SOCREM Torino ne siamo consapevoli. A questa consapevolezza abbiamo legato non solo l’efficienza e la tempestività dei nostri servizi ma anche l’attenzione a proporre, per chi è morto solo, una forma di ritualità che sia anche una sorta di risarcimento. E abbiamo incrementato le nostre forme di assistenza al lutto.
Questo è un momento che obbliga tutti, istituzioni e cittadini, a essere più solleciti nell’assecondare quelle che sono le priorità del bene comune. Ed è quello che, orgogliosamente, stiamo facendo come SOCREM Torino.

> Leggi il n.1/2021 SOCREM News